Il cowdfunding per le arti performative

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Negli ultimi cinquant’anni il ruolo del consumatore è passato da passivo ad attivo, sia da un punto di vista teorico, con l’insorgenza di nuove prospettive nel marketing, che dal punto di vista delle strategie attuate dalle organizzazioni, sempre più aperte alla partecipazione dei consumatori per motivi di efficienza e fidelizzazione. Le rivoluzioni in ambito tecnologico hanno inoltre aumentato le possibilità di implementare modelli partecipativi in maniera conveniente, attraverso la forza di aggregazione del web 2.0 e delle piattaforme di condivisione (peer to peer o P2P).

L’avvento del crowdfunding

È nell’ambito di questo contesto che si inserisce il crowdfunding, che può essere considerato semplicemente come un modo per trovare alternative alle fonti classiche di finanziamento, decimate dall’avvento della crisi economica, ma le cui potenzialità si comprendono meglio esaminando le sue implicazioni in termini di captazione e fidelizzazione della clientela. Poiché nel mercato delle arti performative le questioni delle fonti di finanziamento e di sviluppo del pubblico sono di fondamentale importanza per assicurare la sostenibilità a lungo termine, il crowdfunding, forma di micro-mecenatismo, è uno strumento che potrebbe rispondere ad alcune necessità delle organizzazioni e del pubblico stesso.

La parola crowdfunding si riferisce a un ampio ventaglio di pratiche accomunate dalla creazione di un ambiente virtuale per l’associazione di un collettivo, la contribuzione di idee, risorse e fondi e l’interazione in rete, volte a sostenere in maniera congiunta progetti e iniziative di individui, gruppi e organizzazioni. Il crowdfunding può essere “donation-based”, in cui il partecipante finanzia un progetto senza alcuna ricompensa, “equity-based”, in cui il partecipante finanzia il progetto e ne diventa socio, avendo diritto a parte delle rendite, “lending-based”, in cui il partecipante eroga credito a un progetto, e “reward-based”, in cui il partecipante finanzia il progetto in misura variabile in cambio di una ricompensa corrispondente all’importo proporzionato.

La ricompensa può assumere varie forme, dalla semplice riconoscenza a servizi personalizzati, passando per l’accesso al prodotto finito. L’ultima modalità è la più interessante per le arti performative perché è vicina a modalità di pre-acquisto di un servizio. La maggior parte delle piattaforme funziona su una base “all-or-nothing”: i partecipanti si vedono addebitati della contribuzione offerta solo se un progetto raggiunge la soglia minima fissata di fondi per essere realizzato. Il crowdfunding è frutto di una congiuntura che vede un fattore tecnologico creato dal web 2.0, un fattore economico dato dalla ricerca di finanziamenti alternativi e di distribuzione del rischio imprenditoriale, ma soprattutto un fattore sociale di democratizzazione, per cui il consumatore è chiamato a partecipare alla creazione di valore, portando il suo contributo in un ambiente comunitario diretto all’innovazione e a un decision-making collettivo. Le potenzialità di questo cambiamento sociale sono riflesse dalle nuove prospettive del marketing dei servizi e relazionale.

Il nuovo paradigma del marketing: la service-dominant logic

Dal punto di vista teorico, lo sviluppo storico del marketing, nato nell’epoca dell’economia quantitativa, ha fatto sì che inizialmente il consumatore fosse considerato come un semplice obiettivo (target) da raggiungere con un’offerta di valore, in cui il valore è qualcosa di aggiunto al prodotto o servizio dall’organizzazione. Con l’avvento dell’orientamento al mercato, al ruolo di target si è aggiunto quello di preziosa fonte di informazioni, grazie alle quali sviluppare una migliore offerta di valore; il marketing dei servizi ha ulteriormente espanso il ruolo del consumatore, che non solo fornisce informazioni, ma partecipa come co-produttore del servizio con le sue azioni, prima, dopo e durante la realizzazione del servizio. In questo modo l’organizzazione aumenta l’efficienza e la personalizzazione e migliora l’esperienza di tutti gli attori coinvolti. La letteratura relativa all’innovazione si concentra invece sul “lead-user” e sul suo ruolo di alleato nei processi innovativi, dovuto alle competenze e alla capacità di anticipare le necessità di mercato.

Recentemente gli sviluppi nell’ambito del marketing hanno visto l’integrazione di questi ruoli in una nuova prospettiva, la service-dominant logic (o SDL), in cui il ruolo del consumatore è quello di co-creatore del valore. Il nuovo paradigma (Vargo e Lusch, 2004) predica l’adozione di una prospettiva non più basata sulle merci, in cui i servizi costituiscono un’eccezione e un campo a parte rispetto al marketing tradizionale, ma sui servizi stessi, definiti come “l’applicazione di competenze specializzate (conoscenze e abilità) attraverso azioni, processi e prestazioni a beneficio di un altro soggetto o dell’entità stessa” (Vargo e Lusch, 2004, p.2). Questa definizione comprende anche la produzione, distribuzione e vendita di beni, ma ne coglie l’aspetto essenziale: i beni, come i servizi, hanno valore in quanto permettono al consumatore di conseguire certi benefici associati, che rispondono alle necessità o ai desideri del consumatore, quindi ciò che conta di un bene è il servizio che esso può rendere a un consumatore.

Il marketing relazionale

Lo scopo di un’organizzazione è quello di creare un’offerta di valore che sia il più possibile vicina alle necessità e ai desideri del consumatore: la conoscenza, sia teorica che pratica, è quindi la risorsa più importante e la principale fonte del vantaggio competitivo. Un’organizzazione di successo è quella che è in grado di coordinare l’apprendimento e comunicare l’informazione nel migliore dei modi: non deve semplicemente essere orientata al consumatore, ma collaborare con egli nella creazione del valore, in un processo dinamico e partecipativo che massimizza il coinvolgimento attraverso il dialogo. Questo obiettivo si raggiunge creando delle relazioni con il consumatore, siano esse di lunga durata o limitate a un’unica transazione.

Il centro di questa relazione non è la transazione ma lo scambio, oggetto di studio principale del marketing relazionale, costituito da interazioni ripetute tra l’organizzazione e il consumatore. Al di là dello scambio organizzazione-consumatore, la prospettiva del marketing relazionale implica un cambiamento nella concezione delle relazioni tra l’organizzazione e il suo ambiente in generale, relazioni non più orientate alla competizione e alla soddisfazione del proprio interesse, ma alla cooperazione con gli stakeholders per la creazione del valore. In questo senso l’organizzazione è analizzata dal punto di vista degli scambi che hanno luogo con l’ambiente interno (tutti coloro che lavorano per l’organizzazione), l’ambiente di mercato (che comprende i consumatori), l’ambiente istituzionale e regolatore, la concorrenza e il macro-ambiente (le forze che danno forma alle tendenze a livello globale). Il marketing relazionale prescrive la pianificazione, lo sviluppo e la gestione di relazioni a lungo termine, in cui i partecipanti integrano le rispettive risorse per la creazione di valore. È in virtù di queste relazioni che le organizzazioni possono interagire e collaborare con individui e gruppi, con lo scopo di trovare nuove soluzioni e creare valore in maniera congiunta.

Recenti studi, tra cui quello di Conway e Whitelock (2007), hanno evidenziato che le organizzazioni di arti performative che adottano strategie di marketing relazionale hanno più probabilità di avere successo. Secondo Quero (2005), il marketing relazionale è la prospettiva più adeguata per studiare e orientare il mercato delle arti performative, a causa di due caratteristiche principali del mercato: il suo carattere di servizio, in quanto prodotto intangibile, che comporta l’importanza di gestire le relazioni con i consumatori, e l’importanza sociale. Attraverso le arti performative i significati culturali sono creati e trasmessi, un processo che richiede l’azione congiunta di vari attori come istituzioni pubbliche, centri educativi ecc.

Arti performative e pubblico: soddisfazione e fidelizzazione

Le organizzazioni sono coinvolte in una moltitudine di tipi di relazioni con questi attori, al cui centro si trova la relazione di prodotto intrattenuta con il pubblico (i consumatori). Per analizzare le relazioni con il pubblico, è utile considerare il criterio più utilizzato di segmentazione, ovvero quello della frequenza di assistenza. Il pubblico si divide in non-pubblico, che non partecipa alle attività proposte, pubblico occasionale e pubblico regolare. Gli studi condotti evidenziano la necessità delle organizzazioni di arti performative di elaborare strategie di captazione e fidelizzazione della clientela, in modo da espandere la base di pubblico regolare che possa sostenere le attività dell’organizzazione e fungere da prescrittore per il nuovo pubblico. Una buona strategia per gestire il pubblico abituale parte da un’orientamento al cliente e da una comunicazione a doppio senso, in grado di generare alti livelli di soddisfazione, di fiducia e infine impegno (“commitment”) nel pubblico (Conway e Whitelock, 2007).

In merito ai concetti di soddisfazione, fiducia e impegno, è opportuno precisare le relazioni che intercorrono con le intenzioni di assistenza futura, per orientare le strategie di captazione del pubblico nella giusta direzione, esaminando i risultati dello studio di Quero e Ventura (2011) sul ruolo mediatore dell’impegno nell’ambito delle arti performative.

Il primo passo per costruire relazioni a lungo termine con il consumatore è la soddisfazione. La letteratura di marketing dei servizi generalmente definisce la soddisfazione del consumatore come la conformità o disconformità tra le aspettative e l’esperienza di consumo: un alto livello di disconformità positiva si traduce in alti livelli di soddisfazione, mentre un alto livello di disconformità negativa si traduce in bassi livelli di soddisfazione. Lo studio dimostra che la soddisfazione è un antecedente delle future intenzioni di assistenza, ma non è sufficiente ad assicurare la fidelizzazione del pubblico, poiché il pubblico occasionale potrebbe essere motivato da fattori estrinsechi all’organizzazione, come una particolare opera, un autore ecc.

Il secondo passo è la fiducia: ripetute esperienze soddisfacenti possono creare nel consumatore un senso di fiducia verso l’organizzazione, definita come il desiderio di realizzare scambi con un agente del mercato, percepito come sicuro, credibile e integro. La fiducia è basata sulle relazioni che intercorrono tra il consumatore e l’organizzazione, ma non è sufficiente a vincolare il consumatore all’organizzazione. Il terzo passo nella costruzione di una relazione con il pubblico è l’impegno, ossia il desiderio duraturo di mantenere una relazione preziosa.

Il consumatore che è legato a un’organizzazione dall’impegno è vincolato emotivamente all’organizzazione e ha un alto senso di identificazione con l’organizzazione e i suoi valori. L’impegno assicura il consumo ripetuto, ma anche la diffusione di referenze positive, l’insensibilizzazione verso le proposte della concorrenza e il coinvolgimento nel futuro dell’organizzazione. Un’entità che desidera costruire un pubblico regolare deve implementare azioni volte a aumentare l’identificazione del cliente e implicarlo nella creazione del valore. È infatti la percezione del coinvolgimento a creare nel consumatore un impegno duraturo. Il coinvolgimento (Lange 2010) si riferisce alla rilevanza personale percepita riguardo a un oggetto o a un’attività, le cui fonti risiedono nel valore utilitaristico (sono dedito a ciò che mi è più utile), nel valore di significato (sono dedito a ciò che comunica significato su di me) e nel valore edonistico (sono dedito a ciò che mi dà piacere). Una strategia di marketing efficace, incentrata sull’approfondimento del pubblico più che sul suo allargamento, mira a creare un alto grado di coinvolgimento nel più alto numero di consumatori possibile, creando una comunità di sostenitori, i quali costituiscono una risorsa per l’organizzazione poiché contribuiscono attivamente alla missione dell’organizzazione.

Il crowdfunding nelle arti performative: chi e perché

Il potenziale del crowdfunding per le organizzazioni di arti performative risiede precisamente nella sua struttura di ambiente decisionale collettivo, che sfrutta il potenziale del consumatore come co-creatore di valore su differenti piani e ne fomenta il coinvolgimento in una comunità. La struttura vede l’interazione di vari attori, tra cui i ruoli cruciali sono svolti da piattaforma, nucleo creativo e consumatori (Quero 2014).

La piattaforma, che offre il servizio, svolge un ruolo di diffusione del progetto, assistenza al progetto e intermediario virtuale per i pagamenti (contribuendo alla fiducia del consumatore nel progetto). Il ruolo della piattaforma non è quello di un ambiente neutro, poiché la piattaforma ricava i suoi guadagni unicamente dalle commissioni sui progetti di successo ed è quindi nel suo interesse che il maggior numero possibile di progetti raggiunga gli obiettivi fissati.

Il nucleo creativo propone un progetto sulla piattaforma. Solitamente il nucleo creativo dispone già di un pubblico attivo (che sia del creatore o del progetto), o nel caso di creatori emergenti il successo dell’iniziativa risiede in una campagna di comunicazione ben orchestrata. Lo studio di Sastre (2016) sui progetti culturali di successo sulle piattaforme spagnole rivela che la maggior parte dei nuclei sono composti da creatori, sia professionisti che dilettanti, e manager culturali. Le motivazioni del nucleo creativo non si incentrano tanto sull’accesso al finanziamento in un contesto di assenza di alternative, quanto sulla possibilità di diffondere il progetto, raccogliere informazioni sul pubblico obiettivo e migliorare l’efficienza misurando la domanda, accedere a una piattaforma di partecipazione del pubblico e adottare metodi alternativi di finanziamento, che permettano di creare una relazione speciale con il pubblico.

I consumatori finanziatori del progetto sono solitamente interessati all’innovazione e sono mossi da motivazioni simili a quelle del nucleo creativo: al di là della possibilità di pre-acquisto di un servizio, il pubblico dei progetti culturali valuta positivamente il senso di partecipazione, la possibilità di essere coinvolti nel processo di creazione, miglioramento e diffusione di un progetto e l’occasione di dimostrare il proprio impegno verso un’opera o un tipo di arte. In sintesi, i consumatori desiderano entrare in una relazione di co-creazione, intesa come interazioni multiple e integrazione di risorse procurate da diversi attori.

Le relazioni di co-creazione nel crowdfunding

La relazione di co-creazione può assumere varie forme, identificate da Russo-Spena e Mele (2012): nel caso del crowdfunding, co-generazione di idee, co-valutazione di idee, co-progettazione, co-finanziamento, co-lancio e co-consumo.

  • La co-generazione di idee fa riferimento alla possibilità di commentare un progetto, proponendo e discutendo alternative; il contesto tecnologico permette di liberarsi dai vincoli spazio-temporali e moltiplicare l’effetto dei contributi individuali grazie alla presenza di una comunità e dei social media. Perché la relazione di co-generazione funzioni, è importante che si crei un quadro di riferimento per facilitare la partecipazione, costruendo o basandosi su un linguaggio o codice comune.
  • La co-valutazione di idee ha luogo in questo quadro, permettendo ai consumatori di discutere e selezionare le idee migliori sia all’interno del singolo progetto, che su più larga scala in termini di scelta dei progetti da sostenere.
  • La co-progettazione permette ai consumatori di investire le proprie risorse (l’interesse, lo sforzo, le conoscenze) per migliorare il progetto, in un processo di crowdsourcing e apprendimento interattivo che può coinvolge anche eventuali professionisti. Questa relazione si basa sul coinvolgimento del consumatore sulla base di una connessione emotiva ed esperienziale con il nucleo creativo, e per quanto riguarda le arti performative può beneficiare del coinvolgimento del pubblico regolare.
  • Il co-finanziamento fa riferimento al sistema di contributi e ricompense della piattaforma, ma può riguardare anche attori esterni, gli investitori in vesti più classiche, che possono essere attratti dai progetti di dimostrato successo sulle piattaforme di crowdfunding.
  • Il co-lancio (e co-prova) consiste nella pratica di alimentare le dimensioni e la portata del progetto grazie al capitale relazionale dei consumatori. La co-prova permette di ottenere un primo feedback dai consumatori ed è per questo motivo che è importante che il nucleo creativo aggiorni puntualmente il progetto con i risultati parziali raggiunti (prototipi, video, ecc).
  • Infine, il co-consumo garantisce un accesso privilegiato al servizio finito per i consumatori che hanno finanziato il progetto, nella forma di anteprime, pacchetti VIP e privilegi, rispetto ai consumatori che beneficeranno del prodotto finito una volta terminata la campagna di crowdfunding.

Come condurre una campagna di crowdfunding di successo?

I fattori di successo di una campagna di crowdfunding risiedono nella capacità di identificare i vari gruppi di interesse e progettare relazioni di co-creazione adatte ad ogni gruppo. Dal punto di vista della comunicazione, una campagna di successo fa leva sugli alti livelli di identificazione tra il consumatore e l’organizzazione, rendendo i consumatori coscienti dei valori soggiacenti al progetto.

Ordanini (2011) identifica tre fasi nel processo di investimento in una campagna di crowdfunding. La prima fase è quella del “finanziamento degli amici”, caratterizzata da un accumulo rapido di contributi, dovuto al coinvolgimento dei consumatori che sono già coinvolti nell’organizzazione promotrice o nel progetto specifico. In termini di marketing, la prima fase di una campagna deve capitalizzare sulla “brand community”, la comunità di consumatori così coinvolti in un’organizzazione che sviluppano un senso di identità condivisa. In termini di pubblico di arti performative, la comunità da mobilitare è quella del pubblico regolare, già predisposto ad assumere un ruolo di proscrittore e diffusore.

La seconda fase, l’”affollamento”, è quella in cui concentrare gli sforzi per motivare e coinvolgere la comunità di consumatori a comunicare il progetto, attraverso il passaparola e le reti sociali, a persone che non hanno un collegamento diretto con il progetto. In questa fase risiede il potenziale del crowdfunding in termini di captazione di nuovo pubblico. A questo scopo, i canali di comunicazione più efficaci sono quelli identificati da Huong (2016) nella sua indagine basata sulla teoria dell’onnivorismo culturale di Peterson.

L’indagine segmenta il pubblico della cultura secondo variabili socioeconomiche e di frequenza e varietà di partecipazione ad eventi culturali, identificando i canali di comunicazione più usati da ogni segmento nella scelta delle attività culturali a cui partecipare. Per catturare l’attenzione dei segmenti di alta frequenza e varietà nel consumo culturale (high-frequency multivores e high-frequency omnivores), la presenza sui social network, l’invio di newsletter e la presenza sul sito web dell’organizzazione sono un buon inizio, da completare con la funzione ricordatoria di supporti fisici come flyer e poster. Per quanto riguarda la fascia onnivora di alta frequenza, la mobilitazione dei leader di opinione assicura che questo segmento sia informato del progetto e diffonda l’informazione, mentre la pubblicazione di foto e video contribuisce alla viralità della campagna. Il nucleo creativo deve agire con puntualità e creatività per generare interesse, poiché la stagnazione crea un circolo vizioso: l’inattività fa sì che i potenziali finanziatori percepiscano un rischio più alto nel loro investimento e rende il progetto poco attrattivo.

L’ultima fase di una campagna di successo passa per il “momento di coinvolgimento”, in cui è lo stesso successo della campagna a generare ulteriore interesse nel progetto. In questa fase i contributi dei consumatori sono motivati dal non voler essere esclusi dalla possibilità di partecipare a un progetto vincente o dall’accesso ai benefici delle ricompense proposte.

Potenzialità e limiti del crowdfunding

In seguito all’analisi proposta, il crowdfunding non può più essere considerato una semplice scorciatoia per finanziare progetti in tempi di crisi. L’inquadramento teorico in termini di marketing relazionale e co-creazione di valore ne sottolinea il valore in quanto strumento di captazione di nuovo pubblico e consolidamento del pubblico regolare, in un contesto di democrazia e trasparenza. Gli studi sul campo dimostrano invece che le campagne di successo richiedono un notevole investimento di risorse, sia nella fase di preparazione (che solitamente prende dai due ai quattro mesi, Sastre 2016) che nella fase di esecuzione. Il prodotto finale ha però il valore aggiunto di rispondere alle necessità e alle preferenze del pubblico obiettivo, sempre che la campagna sia stata realizzata nel migliore dei modi.

La sfida di strumenti democratici e partecipativi di questo genere è che perché i risultati abbiano un valore qualitativo (al di là del valore quantitativo di raggiungere e interessare un gran numero di persone) è fondamentale progettare delle piattaforme in cui si agevoli la partecipazione a un progetto, e non solo l’acquisto di un prodotto. L’esperienza maturata in altri ambiti (Simon 2010) indica che il pubblico deve essere accompagnato nella partecipazione da un contesto che ne espliciti le modalità, il linguaggio, lo scopo e le aspettative finali, pena la povertà dei contributi. Il potere aggregatore della rete permette di raggiungere facilmente un grande numero di individui, ma non può rimediare alle conseguenze di una comunicazione assente, ambigua o inefficace, al pari di qualsiasi strumento offline.

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